A brief History of BAO – Francesco
- 12 Aprile 2019
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In BAO ci è successo più di una volta di assumere qualcuno più per la sua personalità e attitudine al lavoro che per l’effettiva specializzazione in un ambito di nostro interesse. Sono nate, negli anni, figure ibride molto interessanti e che, dopo un po’, sono diventate imprescindibili per la nostra squadra. Oggi parliamo con Francesco Savino, un uomo dai molteplici talenti.
Francesco, quando sei stato assunto? Come ti sei proposto, la prima volta che sei venuto da noi?
Il mio percorso di avvicinamento a BAO è stato atipico: mi ero trasferito da Chieti a Milano per seguire i corsi di sceneggiatura alla Scuola del Fumetto. È stato lì che ho conosciuto Leonardo che, a sua volta, mi ha presentato te e Caterina. BAO era appena nata, erano stati pubblicati da poco i primi titoli e il catalogo si stava ampliando. Vi siete fidati di me e mi avetemesso alla prova affidandomi le prime riletture. Se non ricordo male, la prima volta in cui sono stato accreditato come proofreader si trattava della versione integrale di Bone… mica poco! Credo che sia andata bene perché, dopo qualche anno, sono stato assunto come parte ufficiale della redazione. Era maggio 2013, se non sbaglio. In ogni caso, a me sembra ieri.
Quali erano le tue aspirazioni, in quel momento, e quali competenze sentivi di avere per lavorare in una Casa editrice di fumetti?
Avevo appena finito di seguire i corsi di sceneggiatura alla Scuola del Fumetto e le mie ambizioni riguardavano essenzialmente lo scrivere e l’essere pubblicato. Quando BAO mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con la realtà di una Casa editrice non sapevo cosa aspettarmi e, di sicuro, era uno scenario che fino a quel momento non avevo preventivato: cosa avrei dovuto fare? Ne sarei stato in grado? Tutti dubbi che, per fortuna, ho superato lanciandomi in quella nuova avventura. E per fortuna! Ben presto ho scoperto che si trattava di un ambiente stimolante che mi permetteva di acquisire nuove competenze e di capire la complessa macchina del Fumetto da un’angolazione che fino a quel momento non avevo neanche immaginato.
Ci racconti il tuo percorso scolastico?
Il mio percorso scolastico è stato piuttosto tortuosoe, riflettendoci oggi, forse anche profetico: Liceo Scientifico prima, poi laurea in Psicologia, Scuola del fumetto e oggi editor e traduttore (oltre che sceneggiatore). All’epoca pensavo di non sapere bene cosa volessi, oggi mi dico che ho cercato da sempre di diversificare le mie conoscenze per ampliare il mio bagaglio e poter essere versatile senza fossilizzarmi necessariamente su un’unica competenza.
Le tue mansioni sono effettivamente molto diverse, in redazione. Ce le racconti?
Ho la fortuna di poter svolgere diverse funzioni, tutte legate all’ambito che prediligo, quello delle parole. Sono entrato in redazione come correttore di bozze. Gradualmente, sono passato alla traduzione, attività che oggi svolgo in parallelo con tutte le altre per quanto riguarda i titoli francesi. Il passo successivo, in concomitanza con il restyling della collana BaBAO, è stato quello di diventare editor dei titoli per l’infanzia. A queste attività principali se ne affiancano tante altre segrete di cui però non posso svelare nulla!
In che modo occuparti dei titoli per l’infanzia differisce dall’editing normale di un titolo creato in-house da BAO?
È una cosa che avevo imparato già seguendo corsi di scrittura di libri per l’infanzia ma che con l’editing dei titoli BaBAO ho sperimentato sulla mia pelle: i lettori più giovani sono anche i più esigenti. Scrivere una storia per bambini può rivelarsi una trappola: c’è il rischio di semplificare troppo, di trattare i lettori come degli ingenui o, viceversa, di scrivere una tipologia di storia distante da quella che è la sensibilità di un bambino. Ecco perché, quando insieme agli editori valutiamo un progetto per la collana BaBAO, la scrupolosità verso il soggetto che ci viene proposto aumenta esponenzialmente. Questa attenzione procede di pari passo con la lavorazione del libro, per far sì che l’autore riesca a realizzare un prodotto che piaccia a quella che è sicuramente la fascia di lettori più esigente di tutte.
Senti di essere cambiato, man mano che cambiava anche BAO?
Mi piace pensare di essere cresciuto in maniera direttamente proporzionale a quella di BAO. Man mano che la Casa editrice portava avanti e sviluppava progetti, ho sempre cercato di acquisire le giuste capacità necessarie per affrontare le nuove sfide e poterci mettere del mio. Tra tutte, sicuramente la supervisione della collana BaBAO, che mi ha permesso di crescere tantissimo in questi anni sviluppando e mettendo bene a fuoco quelle competenze necessarie per fare editing.
E poi, aspetto non trascurabile: con il cambio di assetto di BAO ho cambiato stanza e sono passato dalla Orange Room alla Red Room. Ecco, approfitto di questo spazio per dire alla Orange Room che sono sempre nel mio cuore e non li ho dimenticati, nonostante la mia attuale convivenza con i grafici (o forse proprio per quello).
Quali competenze senti di avere sviluppato, nel tempo? Ci sono abilità che non avresti mai sospettato di avere?
Sento di essere migliorato in tutti i vari aspetti che ho toccato da quando sono entrato a pieno titolo in redazione. Ma, tutto sommato, questo mi sconvolge meno rispetto al drastico cambiamento legato al mio essere un “animale da fiera”. Se il ragazzino timido che ringraziava sempre e chiedeva sempre scusa si vedesse oggi, durante una giornata del Lucca Comics o durante uno degli incontri (o portfolio review o lezioni di sceneggiatura) che tiene, non riuscirebbe a capacitarsene. Penso che direbbe grazie. E poi chiederebbe scusa.
Dimmi tre cose che adori fare, nel tuo lavoro, e una che proprio non ti piace.
Sono fortunato: faccio un lavoro che mi piace e riesco a svolgere mansioni che mi piacciono. Tra tutte, ammetto che la mia preferita resta ancora rileggere. Quella vocina che risulta nel colophon dei nostri libri come “proofreading” mi dà sempre grandi soddisfazioni (soprattutto quando si tratta di doppi spazi, ma questa è una mia perversione). Mi piace moltissimo la fase dell’editing, che seguo nello specifico all’interno della collana BaBAO: poter accompagnare gli autori durante le fasi di lavorazione del libro, preservando la loro visione iniziale e cercando al tempo stesso di indirizzarli verso il modo migliore per raccontare la storia che volevano raccontare è una parte tanto impegnativa quanto entusiasmante. Ed è anche l’aspetto in cui sento di essere cresciuto di più negli ultimi anni e in cui voglio crescere ancora. Amo anche tradurre (le canzoni soprattutto) ma, se dovessi scegliere la terza cosa che adoro fare, direi contribuire al gioco di squadra. Sono assolutamente convinto che uno dei punti di forza di BAO siano le persone che compongono il team e il loro modo di lavorare. Siamo molto affiatati e, quando riusciamo a lavorare di concerto, il risultato si vede. Poter far parte di un meccanismo così ben affiatato e contribuire alla riuscita del tutto è incredibilmente gratificante. Il rovescio della medaglia, quello che non mi piace, riguarda proprio questo aspetto: quando non ci sono le condizioni per poter lavorare al meglio o quando la squadra non riesce a lavorare allo stesso ritmo, sfilacciandosi o sbilanciando l’equilibrio dei tempi di lavorazione.
Quali sono le tue prossime sfide, le cose che vuoi affrontare e in cui magari ti vuoi migliorare?
Vorrei contribuire al potenziamento della collana per ragazzi, sia da un punto di vista produttivo legato alla selezione delle storie e all’editing, sia da un punto di ampliamento del numero dei lettori. Sento che il potenziale del Fumetto per bambini in Italia è altissimo e, al tempo stesso, ancora tutto da esplorare. Mi piacerebbe muovermi in questa direzione.
Tornando al fatidico giorno del primo colloquio, ti saresti immaginato allora che saresti arrivato fin qui? Vuoi dare un consiglio al te del passato?
No, non l’avrei mai detto ed è una cosa che mi rende incredibilmente fiero. BAO mi ha dato una possibilità enorme e io ho dato il massimo per ricambiare la vostra fiducia. Ecco perché, se dovessi parlare al mio io del passato, gli direi di sentirsi molto più sicuro di sé e di non avere paura di accettare nuove sfide. E lo rassicurerei sulla dipendenza da wafer: è vero che mangiare un pacchetto al giorno non fa bene, ma presto uscirà dal tunnel. Per entrare in quello della dipendenza da Pan di Stelle.
E ti va di darne uno a chi vuole fare un mestiere simile al tuo?
Di buttarcisi dentro a capofitto, se davvero lo si vuole fare. Di essere versatili e di dare il giusto peso, oltre che all’aspetto teorico, anche a quello pratico. È un lavoro per cui bisogna sviluppare tutte le conoscenze del mondo – è indiscutibile – ma è anche un lavoro in cui bisogna essere bravi a fare gioco di squadra, a intuire e arginare (spesso con una buona capacità di improvvisazione) le necessità pratiche e le emergenze di una qualsiasi giornata in redazione.