A Brief History of BAO – Leonardo
- 15 Gennaio 2019
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Con questo post iniziamo una rubrica sullo staff di BAO Publishing. Una persona al mese, in rigoroso ordine di assunzione. Una foto di quell’epoca, e una di oggi. Voglio che siano proprio loro a raccontarvi il loro ruolo, le professionalità che hanno sviluppato negli anni, e le implicazioni del lavoro che fanno ogni giorno. Più per umanizzare i ruoli della filiera editoriale che per celebrare la squadra con cui lavoro ogni giorno, anche se lo meritano ampiamente.
Comincio da Leonardo Favia, classe 1982, che fu la risposta alla domanda che mi venne posta agli albori di BAO: “Di cosa hai bisogno per far funzionare questo progetto?” Leonardo ora è il nostro Caporedattore, e il punto di riferimento di tutto il team. È di quel tipo di persona così serio che mentre gli parli ti viene da interromperti per chiedergli se ce l’ha con te, ma quando ride nella stanza accanto io mi alzo per andare a vedere cosa lo ha divertito. È la persona più affidabile con cui abbia mai lavorato e, credo, anche quella che ha subìto la maggiore metamorfosi professionale tra il momento in cui è salito a bordo e oggi. Conosco pochi professionisti come lui, sinceramente.
Gli ho rivolto qualche domanda.
Leo, quando sei stato assunto? Come te lo proposi?
Il contratto dice primo settembre 2011, ma posso dire che ho iniziato ben prima? Sì, diciamolo. Nella mia testa è tutto iniziato in un viaggio in macchina, stavamo andando a Bologna in giornata per la presentazione di un libro di Michael Zadoorian, e mi ricordo le tue testuali parole: “Caterina e io stiamo pensando di mettere in piedi una Casa editrice, ti andrebbe di darci una mano?”
Io, che credo nel dogma Cool guys don’t look at explosions, probabilmente risposi con un serafico e contenuto Sì, ma nella mia testa stava avvenendo proprio quello, un’esplosione. La risposta che pensai fu probabilmente Sono lontano 900 chilometri da casa e fidanzata da 4 anni per un’occasione simile, CAZZO SÌ!
Ma, come detto, ho sempre avuto una passione per i bassisti carismatici, (per i Sirio, non i Pegasus, per intenderci) quindi ogni forma di entusiasmo manifesto mi è bandita.
Quali erano le tue aspirazioni, in quel momento, e quali competenze sentivi di avere per fare l’editor di una Casa editrice di fumetti?
Volevo scrivere per il Cinema o per il Fumetto, come editor e/o come sceneggiatore, ma all’epoca mi interessava soprattutto dimostrare ai miei genitori di potermi guadagnare da vivere in un settore simile. Il fatto che loro mi avessero sempre supportato nella scelta non faceva che aumentare la pressione, non che questo fosse un male. Per quanto riguarda le competenze, all’epoca pensavo di poter dare il mio contributo. L’idea di iniziare in una realtà che partiva da zero come BAO (e insieme ad amici), mi liberava da una serie di pressioni ma, a posteriori, mi rendo conto che forse un po’ di sana sindrome dell’impostore non avrebbe fatto male.
Ci racconti il tuo percorso scolastico?
Liceo classico, laurea triennale in Editoria e Giornalismo a Bari, laurea specialistica a Bologna in Produzione Multimediale. Sostanzialmente, l’autostrada per la disoccupazione… L’idea migliore che ho avuto è stata un ragionamento molto pragmatico: se avessi tentato la strada del Cinema, quante probabilità avrei avuto di diventare l’assistente regista di un (boh) Salvatores? Se ci avessi provato con il Fumetto, quanta resistenza e concorrenza avrei incontrato? Da qui la scelta di frequentare la Scuola di Fumetto di Milano, più che per imparare (utile, ci mancherebbe, ma mi ero rotto di teoria), per confrontarmi immediatamente e direttamente con professionisti del settore. Contiamo che stiamo parlando del 2008, non si era ancora avuto quell’abbattimento totale di distanza tra autore e pubblico dovuto ai social (almeno non nell’entità attuale del fenomeno), e quella della Scuola mi parve la soluzione più efficace. Adoro avere ragione.
Mi ricordo che alla Scuola del Fumetto continuavi a propormi un soggetto poliziesco ambientato al confine con il Messico. Mi ero fissato che un personaggio eroico non poteva avere un nome brutto come quello del tuo protagonista. Com’era già quel nome?
Il detective si chiamava Rizoma e il fatto che ti ricordi ancora della particolarità del nome dà ragione alla mia scelta: un protagonista “eroico” con un nome ridicolo suona sicuramente più originale rispetto al solito personaggio con le iniziali del nome e cognome uguale, no?
Di’ la verità, lo hai riciclato in qualche storia, da allora?
No, Rizoma è rimasto in quel proposal di Torque, disegnato dal mio allora compagno di Scuola, Daniele Di Nicuolo (che adesso disegna per Marvel e Boom!). Credo che in fondo ci abbia portato bene.
In che cosa sono cambiate le tue mansioni in questi nove anni in BAO?
È cambiato, è cambiato tutto. Prima c’era un bilocale con 3 persone e un’altra che lavorava da casa, ora siamo un piano intero con quattordici persone, quattro diversi dipartimenti e data la nostra crescita non poteva essere altrimenti.
Il lavoro di redazione in fondo non è cambiato molto (riletture, traduzioni, correzioni ed editing ci sono sempre stati fin dal primo giorno), c’è sicuramente una maggiore interazione con gli autori italiani: nei primi anni localizzavamo parecchio materiale straniero, mentre negli anni ci siamo dedicati maggiormente allo scouting di autori nuovi, che mi ha portato a mettere mano più a fondo nella materia narrativa. Da traduttore, l’impronta che puoi dare a un lavoro è sempre minima e nel rispetto dell’originale, come editor invece puoi esprimerti liberamente, è un rapporto più di collaborazione.
Quali competenze senti di avere sviluppato, nel tempo? Ci sono abilità che non avresti mai sospettato di avere?
Se mi avessero detto dieci anni fa che sarei stato coinvolto nella gestione di decine di progetti di autori italiani e stranieri contemporaneamente sarei andato nel panico. Ovviamente la crescita è stata graduale, ma se vedo la sfilza di libri sfornati in questi dieci anni, mi domando dove abbiamo trovato il tempo per farli. Sicuramente non avrei immaginato di dover coordinare il lavoro di più persone, facendo rispettare le tempistiche e un alto standard di qualità, ed è una cosa che ho imparato a fare solo con il tempo.
Dimmi tre cose che adori fare, nel tuo lavoro, e una che proprio non ti piace.
Sicuramente “leggere fumetti” vince a mani basse nella categoria degli impegni da redazione, anche se è tallonato da “editare fumetti” quando si è ancora in fase di soggetto e scaletta con gli autori italiani. Poi ci sono dei piaceri molto personali, come “tradurre Lemire”, “sfogliare libri settimane prima che arrivino in libreria”. Ci sono cose che mi piacciono meno, ma molto spesso il gradimento dipende dalla mole di lavoro del periodo: interrompere una traduzione o un editing urgente per gestire lo Shop online o la fornitura di una fiera è sempre una rottura, ma sto cercando proprio il pelo nell’uovo.
Quali sono le tue prossime sfide, le cose che vuoi affrontare e in cui magari ti vuoi migliorare?
Penso che la figura dell’editor, soprattutto nel Fumetto, sia ancora abbastanza oscura e vorrei contribuire con il mio lavoro a farla risaltare: alcuni giovani autori quando arrivano in BAO pensano che fare un libro sia chiudersi in casa e disegnare, quando invece quello è solo l’ultimo dei passaggi: prima c’è un confronto con la redazione, sia gli editor sia i grafici. E se un addetto ai lavori ignora queste figure, è facile immaginare come un “semplice” lettore possa pensare che un fumetto sia il risultato di una persona e una persona soltanto.
E questo è anche un aspetto in cui mi voglio migliorare: tendo a essere abbastanza schivo e a prediligere il lavoro alla scrivania, ma il Fumetto ha bisogno dello sforzo di tutti per promuoversi nei confronti di chi pensa che sia ancora una forma d’Arte “bassa” o infantile, e penso di poter dare una mano.
Se ora apparissi al te stesso del 2009, con qualche capello grigio in più, ti diresti di accettare la proposta o di scappare a gambe levate?
Gli direi di rifare tutto, ogni singolo giorno, dal più brutto al più bello. E poi di scrivere un libro al riguardo.
Un commento su “A Brief History of BAO – Leonardo”
Cara bao, Caro Leonardo,
Grazie mille per questa prima e bellissima intervista! Ho sempre amato scoprire il dietro le quinte di ogni cosa (da come un oggetto si crea, a chi si nasconda dietro ciò che è creato), quindi non posso che apprezzare questi nuovi articoli che proporrete.
Lettura amichevole e divertente, mi consola che, con un percorso scolastico simile al tuo, possa sperare in e aspirare ad altro oltre che la disoccupazione: giubilo!
Continuate così, ché siete fantastici!