Come nasce una buona copertina – La teoria delle tre scimmiette
- 22 Gennaio 2019
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C’è un aspetto cruciale del lavoro attorno a un nuovo libro, che si trova all’intersezione dei vettori della creatività, della narrazione, del marketing e del commercio. È la copertina del libro.
La copertina ha tantissime responsabilità:
- Deve essere rappresentativa dello stile dell’autore del libro.
- Deve accennare alle atmosfere e alla trama della storia.
- Deve parlare al lettore invogliandolo a prendere in mano il volume.
- Deve spiccare tra tante altre copertine che saranno esposte accanto al libro che riveste.
E già qui ci sono moltissimi problemi da risolvere:
- Se l’autore ha usato uno stile minimalista per il libro, potrebbe non essere efficace in copertina, ma se lo cambia per fare la copertina “tradisce” il contenuto, de facto ingannando il potenziale lettore.
- Se la trama è complessa e difficilmente riassumibile, la copertina rischia di essere o troppo simbolica o troppo carica di messaggi, diventando di difficile lettura.
- Il lettore non sa niente del libro, nel momento in cui ne vede la copertina, quindi è fondamentale scegliere accuratamente l’argomento visivo con cui attirarne l’attenzione.
- Non c’è modo di sapere accanto a quali altre copertine finirà il libro, sugli scaffali.
Dal punto di vista del marketing visuale, è assodato che lo sguardo del lettore registra tre informazioni, da una copertina. L’importante è scegliere quali rendere più visibili.
Se il nome dell’autore è molto noto, è importante che sia scritto in grande. Se il titolo è provocatorio o molto facile da ricordare, deve a sua volta avere molta importanza in termini di superficie occupata. Se lo stile grafico o l’immagine scelta può facilmente incuriosire, deve essere valorizzata dalla grafica, e non oscurata.
Se il marchio dell’editore è noto e gode della fiducia del pubblico, è importante che sia visibile sul piatto di copertina (ovvero il lato frontale).
Partiamo da quest’ultimo caso. Diciamo che stiamo per pubblicare un libro dallo stile grafico bellissimo e spettacolare, ma realizzato da un autore ancora ignoto, magari perché esordiente. Siccome il pubblico si fida del logo di BAO, e lo considera una prova di qualità, l’1-2-3 della copertina sarà
1. TITOLO FICO
2. DISEGNO SPETTACOLARE
3. LOGO BAO
In certi casi, quando importiamo un fumetto da un paese estero, l’impaginazione della copertina originale non consente di mettere il logo nella consueta posizione. Questo è un problema se, appunto, ci farebbe comodo per suscitare spontaneamente la fiducia di chi ci conosce già.
Può succedere invece che l’autore sia molto noto, e che il sodalizio con la nostra Casa editrice sia assodato. Allora l’1-2-3 sarà:
1. AUTORE FAMOSO
2. TITOLO DEL LIBRO NUOVO
3. DISEGNO SPETTACOLARE
Se invece volessimo sottolineare che un autore inizia a collaborare con noi, il logo sarebbe, paradossalmente, anche più importante del titolo del libro.
Quando stiamo realizzando un libro ex novo, con autori italiani, il tema della copertina è affrontato in tre momenti: dall’editor che segue la lavorazione del libro, dal marketing che deve contestualizzarlo per il mercato, e dai grafici che devono valorizzare la “buccia” del libro perché sia impeccabile. L’editor non vede: sa di cosa parla il libro, e pensa alla copertina in termini di concetti narrativi. Il marketing non sente: della storia gli interessa relativamente, ha bisogno che la copertina funzioni anche senza sapere la trama. I grafici non parlano: sono le immagini, e il loro equilibrio, a dover spiegare il libro, senza linguaggio verbale. Io la chiamo la teoria delle tre scimmiette, ed è il modo in cui pensiamo le copertine in BAO.
Sentiamo Leonardo Favia, il nostro caporedattore, che ogni anno lavora con una decina di autori italiani per sviluppare i loro libri, dal soggetto all’oggetto finito.
Leo, quando stai lavorando con un autore italiano, e viene il momento di concettualizzare la copertina, tu non hai riferimenti visuali cui attenerti. Sei il custode dell’essenza della storia. Che cosa ritieni che sia importante, a livello narrativo e contenutistico, che la copertina trasmetta?
L’equilibrio “alchemico” di una copertina è un risultato abbastanza complicato da raggiungere, e sfugge a una decodifica vera e propria, soprattutto se si cercano soluzioni nuove e veramente efficaci. È un discorso che va cominciato ex novo con ogni autore, che ha una precisa sensibilità artistica e ha un’idea di partenza che a volte può essere un po’ vaga e non necessariamente finalizzata alla “promozione visiva” del libro, ma semplicemente alla bellezza della composizione. Ovviamente la presenza del protagonista e di un elemento di ambientazione in copertina è sempre necessaria, se non stiamo parlando di opere troppo concettuali o sperimentali ma, detto questo, una copertina deve essere chiara (anche a una prima occhiata distratta di un lettore) e al contempo interessante; in questo caso stiamo parlando di un vero proprio amo al quale fare abboccare il lettore nel mare che in effetti è uno scaffale di una libreria (o di un catalogo online). Tra le centinaia di libri esposti, il pezzo di copertina deve trasmettere con chiarezza il perché quella storia è interessante, mostrando i punti forti dell’opera: se stiamo parlando di un autore dallo stile spettacolare, la cover dovrà essere un assaggio di quello che poi si avrà nel libro; se abbiamo un autore che punta più sull’atmosfera e sul non detto, bisognerà trovare un equilibrio tra il disegno e lo spazio negativo della copertina per suggerire questo contrasto.
Grazie, Leo. Il concetto dell’iconicità è molto importante. Ricordo quando pubblicammo Anya e il suo fantasma, un libro creato per un pubblico adolescente, ma che negli anni si è ricavato un vasto lettorato di adulti. La copertina è la stessa dell’edizione americana, la cui designer originale è la geniale Colleen Venable. Il disegno di Vera Brosgol aveva qualcosa di magico: alle fiere la gente puntava diritta verso la pila di copie di Anya, sebbene il libro fosse quasi sconosciuto. L’equilibrio tra la sensazione di intimità e un vago elemento soprannaturale, e la figura grande, molto ben visibile, della protagonista, era ed è l’elemento vincente di questa composizione, capace di saltare all’occhio anche da una certa distanza.
La grafica, l’impaginazione, hanno grande importanza, in questo gioco di equilibri. Se non ci credete, sentite cosa ne dice Lorenzo Bolzoni, Senior Designer di BAO.
Lorenz, quando devi scegliere una immagine di copertina, quali sono gli elementi su cui ti concentri di più? Quali sono le responsabilità che ha l’autore del disegno nei confronti della copertina, come veicolo di informazioni sul libro, per te?
La progettazione grafica della copertina è il momento che preferisco nell’intera genesi del libro, e di solito arriva quando gli interni sono stati letti, lavorati e sono pronti per la stampa. Solo alla fine infatti riceviamo dalle tipografie la misura esatta del dorso (che varia in base alla grammatura e alla tipologia della carta scelta), il formato del libro è stato definitivamente approvato e le idee per la realizzazione della copertina si sono sedimentate e raffinate. È vero che per quanto riguarda libri già pubblicati all’estero si tratta di adattare una grafica già esistente, limitandosi a un eventuale cambio di formato, alla sostituzione del logo delle Case editrici e alla traduzione del titolo e di altre scritte presenti, cercando di conservare un aspetto simile a quello originale. Però anche impercettibilmente il design e gli equilibri della copertina cambiano, ed è necessario un lavoro lungo e paziente per arrivare alla migliore composizione possibile. Cambio raramente l’immagine del piatto frontale della copertina, più sovente invece mi capita di sostituire l’immagine in quarta (quella sul retro). Generalmente scelgo immagini presenti all’interno del libro che siano belle e di impatto, ma anche facili da scontornare, per farle vivere su fondi e colori scelti in base all’aspetto generale della copertina.
Per quanto riguarda i libri italiani, quelli cioè che possiamo seguire fin dalla fase di progettazione, il consiglio agli autori è di vedere la copertina come un insieme di elementi cui riservare la stessa importanza: questi elementi sono il titolo/logo, i nomi degli autori, il disegno, il marchio della Casa editrice. Tutti insieme rappresentano la “grafica” della copertina: non necessariamente devono occupare lo stesso spazio, ma sicuramente devono essere in equilibrio tra di loro, puntando a quella che è la migliore delle caratteristiche di una buona copertina, che deve incuriosire, colpire, affascinare: la leggibilità.
Grazie, Lorenz. Questo mi dà il la per una rivelazione che sorprenderà assolutamente nessuno: io sono molto miope. Ma molto molto. Quando iniziammo a studiare il design dei libri BAO suggerii lo zoccolo bianco al piede (cioè in basso) dei dorsi per ritrovare i nostri libri sugli scaffali delle librerie, perché temevo che altrimenti non li avrei mai visti. Con il tempo questo elemento si è rivelato molto utile ed efficace anche per librai e lettori, e abbiamo ricevuto spesso complimenti per aver adottato questa soluzione, che però nasceva da una semplice necessità pratica.
Per le copertine, vale la stessa cosa: quando ragioniamo sull’impatto che una copertina avrà su chi cammina tra gli scaffali di una fumetteria o di una libreria, la prima regola è che dobbiamo poterla riconoscere e comprendere anche da tre metri di distanza. La figura umana è quasi sempre imprescindibile, nelle copertine di libri a fumetti, almeno in Italia. Quindi se è molto piccola ci devono essere altri elementi molto riconoscibili, nella composizione. Un errore che spesso fanno gli autori è quello di voler condensare troppi concetti in una sola immagine, come se la copertina fosse una promessa. Pensano che se non c’è tutto ciò che apparirà nel libro la copertina sarà una bugia, ma la copertina è un’allusione. Deve essere onesta, ma non ha l’obbligo di essere esaustiva.
Lavorare a più bozze di copertina contemporaneamente spesso è molto utile: capita che un elemento di un’idea funzioni bene con pezzi di un’altra, e solo uno sguardo esterno (come quello dell’editor che ti segue) può notarlo. Il processo di creazione di una copertina è sì un atto di collaborazione tra l’autore e l’editore, ma non è un negoziato tra le esigenze dell’uno e quelle dell’altro. È una calibrazione tra le intenzioni di chi narra e la percezione di chi deve decidere di voler leggere la storia del libro. Quindi è fondamentale che nessuna delle due parti che ragiona sulla copertina si incaponisca, cerchi di imporsi, perché l’obiettivo ultimo (che deve essere comune) della copertina è farsi notare, farsi accettare, farsi portare a casa. Solo dopo, quando avviene la lettura, si deve scoprire che è dotata anche di onestà e obiettività rispetto al contenuto del libro.
Non esiste una ricetta per fare la copertina perfetta. Però è come la scelta di un abito da sposa: quando provi quello giusto lo sai. E la copertina è spesso la primissima esposizione del futuro lettore al mondo narrativo di quel libro. Come abbiamo detto ha moltissime responsabilità, e chi la disegna – insieme a chi la deve commercializzare – ha la responsabilità di renderla efficace e indimenticabile.