21 commenti su “Cosa resterà del 2016*

  • Alla fine molto “lavoro appassionato” lo facciamo anche noi lettori di fumetti. Chi non conosce questo mondo diffida a priori oltre che consigliare un fumetto da far leggere la prima volta mi pare più difficile di consigliare un libro. Può piacere la storia ma non il disegno ( e viceversa ), può essere scontato per noi il modo in cui va letto e quindi rischiare di consigliare qualcosa di troppo “complicato”. Ogni volta che provo a convincere qualcuno della validità del fumetto mi sembra di ritrovarmi in una diatriba carnivori vegetariani ( non sempre, ma spesso ). Quando riesci a consigliare quello giusto però sì, sei felice, perché quello dei fumetti è un mondo splendido e che spesso richiede molta più ricerca da parte del lettore nella scelta, figuriamoci a consigliarlo cercando di interpretare i gusti dell’altro. È vero Zerocalcare ed Ortolani hanno aiutato molto, sono diretti comprensibili , fanno ridere ma affrontano anche argomenti seri ( Ortolani più su ratman ultimo periodo ha effettuato questo percorso ). Però per quanto amo questi autori lì è “vincere facile”. È stato più dure convincere amici della bellezza di Maus o di Il Nao di Bao che a prima vista prendono di meno, invece richiedevano solo un po’ di immersione. Comunque scusate la lunghezza del post, sono estremamente felice che il fumetto cominci seriamente a ritagliarsi il suo degno spazio in Italia. Noi lettori siamo in prima linea nel darvi una mano.

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  • Ho incontrato i volumi BAO poco meno di un anno e mezzo fa e mi impressiona pensare alla velocità con cui mi hanno trasformata in lettrice fedele, da semplice bighellonatrice di fumetterie. La qualità degli oggetti a cui date vita parte dalle storie e arriva fino alla materialità del libro stesso: l’appagamento che dà il peso dei volumi quando li si tiene tra le mani, la soddisfazione dell’occhio quando se ne osservano i dorsi nella libreria… ecco, è un valore aggiunto che ogni amante dei libri certamente apprezza e di cui ti (vi) voglio ringraziare. L’esperienza di BAO e la grandissima attenzione che mettete in ogni volume sono sicuramente tra le ragioni ispiratrici per cui ho deciso di intraprendere un percorso nell’editoria. Seguo il blog con interesse, per cui quando avrai la tentazione di trascurarlo ricorda che per i giovani editori la tua inside view è preziosa!
    Matilde

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  • Niente da eccepire, Michele. Il tuo/vostro lavoro è sotto gli occhi di tutti.
    Ma… E se per quelle opere che “non interessano a nessuno” ci fosse una microcollana ad hoc, oppure una rivista, o una sezione del sito ecc. Non è il ruolo di Bao, ma le piccole realtà autoprodotte o i microeditori, che tu conosci benissimo, sono realmente *invisibili*. Per entrare in contatto con quei libri è necessario un enorme lavoro di ricerca, oppure il caso (molto molto fortuito). Con la forza che ha oggi Bao, potresti pensare a una piccolissima porzione del catalogo dedicata – e dichiaratamente – proprio a quelle produzioni invisibili ma importanti, una o due l’anno, che potrebbero diventare volano per tutto il mondo di quel fumetto che al momento interessa a pochi, ma potrebbe potenzialmente interessare a parecchi.
    Immagino una possibile tua risposta: “ci sono già tanti colleghi che fanno questo lavoro”. Ma tu sai anche che si tratta di realtà piccolissime – anche se spesso coraggiose – che non hanno forza contrattuale, né una reale diffusione, e che puntano quasi tutto sul passaparola.
    Insomma: spero di aver scritto cose comprensibili e ti saluto,
    e-

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    • Sai, Enrico, in realtà lo facciamo già. Nel senso che diversi libri all’anno li facciamo semplicemente perché sono “troppo BAO” per non farli, e non ci importa di quanto venderanno. Ci serve anche a capire se il pubblico ci segue, e quanto, e quindi anche le potenziali perdite sono calcolate in partenza e diventano accettabili. Però non possiamo pubblicare collane o sezioni di catalogo di materiale poco appetibile perché devi pensare che per noi i costi sono più o meno sempre gli stessi: un libro che vende zero copie e uno che ne vende cinquemila ci costano, in ore lavoro, stampa, distribuzione e via dicendo, grosso modo la stessa cifra. La nostra fortuna è che, avendo a disposizione anche un pubblico “nuovo” come quello di chi ha iniziato a leggere Fumetto da poco spesso scopriamo che cose che temevamo interessare a pochi invece hanno un pubblico più nutrito di quanto immaginavamo. Continueremo a provare, ma per noi è importante affinare la qualità e l’efficacia narrativa dei libri che pubblichiamo. Grazie per il commento!

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      • Prego, e grazie a te per la risposta.
        Certo, è come dici – e ci mancherebbe altro… – se la tiratura è la stessa, e a parità di royalties, un libro che vende zero e uno che va esaurito costano grossomodo la stessa identica cifra. E so che rischiate con autori “giovani” e non di grido. Ma una collana/rivista/sito/qualcosa che faccia da traino alle opere più rischiose è quasi una necessità – non per Bao, ma per tutti: lettori, autori, non lettori, Paese, provincia ecc.
        Purtroppo sai bene che creare un libro a fumetti è uno sforzo enorme e nella piccola fucina dell’indie italiano questo sforzo non è quasi mai retribuito come converrebbe. Questo implica tutta una serie di conseguenze: gli autori si perdono, le idee diventano confuse, le innovazioni non nascono ecc.
        Il lavoro che svolgevano le riviste (penso a Hora Cero in Argentina, che ha prodotto il mostruoso capolavoro di Oesterheld, ma anche all’Italia raccontata da Scozzàri, in “Prima pagare, poi ricordare”) che riuscivano a pagare gli autori per sperimentare linee, storie, distopie, oggi chi lo fa? Mi pare proprio che la risposta sia: nessuno (e no parlo solo di fumetto o libri).
        Per dire: Corto esisterebbe senza Sgt. Kirk? Hai voglia a dire che Pratt sarebbe su facebook e/o avrebbe il suo sito e pubblicherebbe la Ballata una tavola alla volta, la domenica…
        Un abbraccio,
        e-

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        • Tutto molto vero e molto giusto, Enrico, ma hai fatto caso che le riviste antologiche sono morte di colpo più o meno alla fine della prima metà degli anni Novanta? E non sono mai tornate di moda presso i lettori, sono un formato rischiosissimo e che non si sostiene più, appannaggio tra l’altro degli editori da edicola, l’unico canale distributivo cui noi per scelta non abbiamo accesso. Quindi temo che questa strada tocchi percorrerla ad altri, ma non è certo per smarcarci dal bisogno di fare editoria di ricerca!

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      • Scrivo qui in risposta al tuo ultimo commento [dove WP non mi fa scrivere]. E poi smetto, giuro.
        Fare una nuova Comic Art non avrebbe senso. Né per Bao, né per altri. Ma, come scrivi anche tu, ormai, nella posizione in cui sei, in cui è Bao (grazie al duro lavoro, alla ricerca, e a un po’ di fortuna, anche), tu e Bao potreste contribuire ulteriormente al tentativo di renderci un po’ migliori.
        Ci sono già dei titoli rischiosi nel tuo catalogo, si tratterebbe solo di indicare una strada, prendere per mano una parte dei lettori Bao e provare a far leggere loro qualcosa che al momento è troppo sotterraneo e mal sviluppato per problemi economici. Sviluppandolo meglio. Come?
        Di sicuro sarebbe importante mettere una sorta di “bollino”, di indicazione di rischio per il lettore e per l’editore – anche per non compromettere il rapporto di fiducia fra voi e chi compra i vostri libri. Un formato particolare? Un prezzo particolare?
        Insomma: spero di aver gettato un piccolo seme nel tuo fertilissimo giardino editoriale.
        E la smetto qui, come scrivevo su.
        Ciao, vi osservo (con piacere),
        e-

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        • Enrico–
          per me possiamo continuare a parlarne quanto vuoi, ma hai una visione naif di cosa comporti pubblicare un libro. In sintesi mi stai suggerendo di pubblicare libri di scarso interesse generale (le buone ragioni le ho capite e le condivido), al prezzo più basso possibile, indicando in copertina con una grafica apposita qualcosa che significa in pratica “POTREBBE NON FREGARTENE NIENTE MA TU PROVALO LO STESSO”. Potrei farti esempi di libri che secondo me dovrebbero essere in ogni casa e si sono rivelati un flop. Al di là del desiderio e della necessità di sperimentare, io ho il dovere di non sabotarla, la mia azienda. Quindi questo tipo di scelte si limiterà, per forza di cose, al pubblicare cose diverse da ciò che il pubblico si aspetta già da noi, gradatamente, ma senza ghettizzare queste scelte in una collana apposita. Spero che quel che dico abbia senso anche per te!

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      • Sì, Michele, certo che ha un senso. Amici come prima e lunga vita alle realtà editoriali come Bao.
        Ed è certamente vero che se fossi io ad avere una qualche responsabilità editoriale, al posto tuo, l’azienda naufragherebbe in un lampo 🙂
        Ciao, di nuovo,
        e-

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  • Forse sbaglio, ma una spiegazione di quel 20% che non spende in cultura è perché non ne ha l’occasione. Nei piccoli paesi di provincia, spesso, non ci sono librerie, né teatri, né altro. I giovani si muovono, vanno ai concerti, allo stadio … o a Lucca Comics! Ma i più maturi (come il sottoscritto) sono pigri e non fanno chilometri per comprare un libro. D’altra parte, come ripeto da tempo, un giornalino da pochi euro si può ordinarlo a scatola chiusa, un libro bisogna vederlo, tenerlo in mano.
    Mi rendo conto che è un bel problema far arrivare i libri a fumetti nelle piccole cartolibrerie (unici punti vendita di libri diffusi capillarmente), ma i potenziali clienti si moltiplicherebbero. Bisognerebbe studiare la fattibilità di una rete di rappresentanti editoriali (non so se chiamano così), pubblicizzare il marchio con campagne a livello nazionale e proporre ai negozianti una sorta di “Baopoint” con esposizione del marchio e materiale pubblicitario da distribuire ai clienti.
    Comunque grazie di esistere.

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    • Luca, ti assicuro che chi ha desiderio di cultura trova il modo. Se fosse come dici tu, Amazon e IBS avrebbero dei picchi di venduto nei piccolissimi centri, cosa che non è. Ti assicuro che è un problema di disinteresse di fondo, che va al di là dell’offerta culturale e dell’accessibilità della stessa. Lo so che è terrificante da contemplare, ma è così. Ci lavoreremo, ma stiamo parlando di educazione di base. Stiamo parlando della risposta alla domanda che ti fai davanti alla televisione-spazzatura quando ti domandi: “Ma chi li guarda, questi programmi?” La risposta è quel 20%.

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  • Salve,
    decisamente in ritardo, provo a commenate questo post che trovo molto interessante (non mi dispiacciono i numeri) e molti spunti di riflessione.
    Intanto, finalmente qualcuno che pubblica i dati di vendita dei propri libri: tanto di cappello. [ma perchè in Italia, in generale, non vengono pubblicati i dati di vendita? Che sia un libro o un CD…]. A parte l’eccezione di Zerocalcare, gli altri volumi dimostrano l’ottima vitalità e qualità della cura Bao per la promozione dei fumetti nella “vita” culturale in Italia. Qui mi dimostrerai il contrario, ma ho sempre pensato che la Bao ha raccolto il testimone della Coconino per portarlo ad uno step successivo e superiore. E mi auguro che andrete molto più avanti.

    L’altro punto che mi ha colpito , ma non mi trova d’accordo, è ” i fruitori di cultura in Italia sono cinque milioni di persone, secondo Severgini”. Secondo me questa stima è molto eccessiva e non proprio esatta. E’ vero che in tale cifra una percentuale maggiore viene data da chi va in discoteca o allo stadio, ma quella di chi solo acquista libri ,o CD o va ad un concerto, è molto minore. E temo che questa cifra non sia molto cambiata. Provo a spiegarmi meglio. Circa venti anni fa, i CSI riuscirono ad andare primi in classifica con l’album “T.R.E.” perchè a detta di loro, tutti i loro ascoltatori comprarono nella prima settimana l’album: erano circa 80.000/100.000 persone. Tale cifra, secondo un editoriale de il Mucchio Selvaggio o Rumore dell’epoca, era quella dei fruitori attivi culturalmente in Italia, diciamo lo zoccolo duro, che chi riusciva a superlo, poteva arrivare anche alla gente “comune”. Ecco, i dati di vendita di Kobane Calling di ZC mi conferma che esiste e non si è modificata tale teoria. Non ancora. E che il vostro pubblico è compreso ancora quello zoccolo duro. Però state lavorando per andare oltre e l’iniziativi come il negozio temporaneo a Milano , mi è sembrato, proprio ad ottenerlo. Inoltre, a fronte anche di molte chiusure di librerie generaliste, questi dati di vendita dimostrano che c’è forse un inversione di tendenza: lo spero perchè ogni volta che mi reco in centro a Firenze le librerie lì rimaste sono ormai solo due , la Feltrinelli e IBS. E pensare che c’era la Marzocco una delle più grandi in Italia…

    Sul disinteresse del pubblico, mi tocca più da vicino: facendo parte di un piccolo comitato organizzatore di un piccolo festival cinematografico in provincia, ogni anno ci troviamo a combattere con la pigrizia e anche il menefreghismo del pubblico a partecipare a piccoli eventi culturali come il nostro (ché da anni è gratis). Solo l’anno scorso 2016, avendo avuto Carlo Verdone, abbiamo avuto una grandissima risposta di pubblico (ci è piaciuto per una volta vincere facile…:D), mentre nel 2015 con Abel Ferrara non è andata come avremmo sperato.
    Chiudo, augurandovi un 2017 uguale o superiore al 2016.
    Ciao
    Giulio
    PS Se possibile, vorrei sapere i dati di vendita di Golem e Atrogamma di LRNZ, Meka Cham di C. Acciari e La Distanza di Bronciani & Colapesce. Grazie

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    • Comprendo il tuo ragionamento, Giulio, ma non è basato su dati verificabili: ammetterai che, in un mondo in cui a dominare le classifiche sono Laura Pausini e Fabio Volo, i CSI e Zerocalcare sono comunque degli outsider, dei fenomeni quasi di nicchia. Detto questo, a oggi Golem ha venduto oltre ottomila copie, La distanza oltre seimila e Meka Chan poco meno di duemila. A presto!

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      • Grazie per la risposta e i dati: davvero un bel risultato per Golem e La distanza; Meka Chan avrei sperato sopra le duemila. Comunque sia, complimeti: davvero un buon risulato.
        E ammetto che il mio ragionamento è basato appunto su dati non verificabili: non avendoli purtroppo ho costruito un sillogismo logico per dare fondamento alla mia teoria. Purtroppo qua in Italia quei dati non li avremo mai e quindi le mie ipotesi rimarranno sempre ipotesi. (E anche quelle di Severgnini ^_-) )
        Poi mai vorrei accostare ZC a Fabio Volo e Pausini ai CSI: hanno (per fortuna?) pubblico, sensibilità e spessore culturale diverso. ^_-
        Però i CSI sono quasi riusciti ad uscire dall’essere fenomeni di nicchia. Onde per cui … Comunque il successo di ZC spero che abbia pianopiano una ricaduta su tutto il sistema fumetto italiano.
        Grazie & buon lavoro
        Saluti
        G.

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