Dieci anni, dieci libri – 2011
- 4 Febbraio 2019
- 0 Commenti
Quest’anno, per festeggiare dieci anni di attività, BAO Publishing realizzerà una spilla al mese a ricordo di un titolo fondamentale per il proprio catalogo. La seconda, dedicata al 2011, è di Bone. Ne esistono cinquecento pezzi, e viene spedita in omaggio – fino a esaurimento – con ogni ordine allo Shop Online BAO, fino al 28 febbraio.
Era la primavera del 2010. Era uscito da poco il primo titolo di BAO Publishing (Chew Volume 1 – Menù degustazione) e il piano editoriale dell’anno stava prendendo forma in corso d’opera. Dell’idea iniziale di Caterina e mia di fare cinque titoli l’anno stavamo già facendo carta straccia, perché quell’anno ne avremmo fatti quattordici, ma non avevamo ancora una direzione precisa, un intento editoriale riconoscibile. Sentivamo di voler colmare un vuoto, un’assenza di certi tipi di Fumetto, e navigavamo a vista cercando di capire cosa potesse significare all’atto pratico. Meglio: quali potessero essere per noi i limiti, culturali, concettuali e di tipo di lettorato, mentre cercavamo di colmare quel vuoto, quell’assenza.
Avevamo scritto allo studio di Jeff Smith perché volevamo pubblicare in un solo volume La principessa Rose, una storia collaterale alla sua mitica serie Bone, scritta da Jeff e disegnata dal bravissimo Charles Vess. Era già uscita in Italia, ma in due volumi da edicola, per Star Comics, molti anni prima. Per noi era un modo per “fare i compiti” (ricordo che ai tempi dicevo proprio così) e dimostrargli che eravamo affidabili. Volevamo in seguito chiedergli di pubblicare in Italia la sua più recente serie, Rasl. Jeff e la moglie Vijaya, che si occupa degli aspetti contrattualistici della loro attività, avevano accettato. Ci eravamo dati un generico appuntamento al Saló del Comic di Barcellona, cui Jeff era stato invitato. Ci saremmo incontrati lì, per la prima volta in vita mia.
Capiamoci bene, a questo punto: io ho cominciato a leggere fumetti americani in lingua originale nel 1992, quando avevo sedici anni. Supereroi, per lo più, ovviamente. Ma avevo scoperto subito anche alcuni dei grandi indipendenti in bianco e nero dell’epoca, in larga parte grazie al fatto che il mio amico Daniel Carrara mi aveva convinto a cominciare a comprare Cerebus e che l’autore, il canadese Dave Sim, in appendice a ogni albo dava visibilità a un giovane autore indipendente che gli piaceva. Era così che avevo conosciuto Jeff Smith, Terry Moore, Paul Pope, James Owen, Colleen Doran e tanti altri. Erano i tempi in cui Dave Sim ancora non si era fatto terra bruciata intorno, e meno male, perché le cose che ho imparato dalle ultime pagine di quegli albi mi hanno influenzato in modo irrimediabile nel gusto editoriale e narrativo.
Insomma, io ho una copia di Bone numero 1 terza ristampa. Praticamente gli americani avevano cominciato da poco a passarsi parola su questa serie straordinaria, la cui portata (e lunghezza) ancora non era chiara a nessuno, e io già la leggevo. Ed era un fantasy e incredibilmente non mi faceva schifo! Bone era una serie in cui personaggi stilizzati convivevano con umani dall’aspetto più realistico, e l’attrito tra un modus narrativo alla Tex Avery e l’impianto classico di un’epopea fantasy generava una storia appassionante, intrisa di mistero e dolcezza, che era veramente per tutte le età, e credo che questa cosa si possa dire in realtà di pochissimi titoli al mondo.
Tutto questo per dire che quando fu il momento di portare Jeff e Vijaya a pranzo a Barcellona, decisi di fare le cose per bene: volevo andare a Casa Leopoldo, in Carrer Sant Rafael, perché era il ristorante preferito di Pepe Carvalho, il detective creato dal grande Manuel Vázquez Montalbán.
All’ora convenuta, Caterina, Vijaya, Jeff e io salimmo su un taxi (loro dietro, io davanti, accanto al conducente) e io dissi l’indirizzo. Ora, non so cosa avesse capito l’uomo al volante, palesemente non nativo della penisola iberica, ma io commisi l’errore di lasciarmi trasportare dalla conversazione con uno dei miei autori preferiti (che coinvolgeva il trucco perfetto per rendere appetitosi gli avanzi di qualunque cibo il giorno dopo, secondo un amico dei nostri ospiti, a loro detta il miglior chef di Columbus, Ohio) per il tempo che bastò al tassista per uscire dalla città, imboccare la tangenziale, e portarci, molto soddisfatto di sé, fin davanti all’ingresso del cimitero monumentale.
Non sto scherzando. Ero così imbarazzato che volevo morire. Anche perché sarei morto nel posto più pratico per farlo.
Alla fine arrivammo al ristorante, e ci accomodammo. A un certo punto Jeff disse: “Ma voi lo vorreste pubblicare Bone, in un volume solo?” Giuro che Caterina e io ci voltammo per controllare se stesse parlando con qualcuno alle nostre spalle. Ma non c’era nessuno.
Fu così che decidemmo di farlo nel 2011. Uno dei dieci fumetti fondamentali della storia del medium, secondo Time Magazine. 1350 pagine di saga, realizzate tra il 1990 e il 2004, in un volume unico, cartonato olandese come una piccola enciclopedia. Quattro mesi di traduzione per me, diverse settimane di lettering e riletture per la redazione.
E a Lucca 2011 Jeff venne a promuovere il libro, e durante una conferenza disse che eravamo il primo paese in Europa a pubblicare Bone in quella modalità, in un volume unico. Io coprii il microfono con la mano, lo guardai, e chiesi: “Are you serious?”
Ero assolutamente convinto che, dopo diverse edizioni monche, o introvabili, o in formati diversi tra loro, fossimo l’ultimo paese a rendere giustizia a quella storia. Tra parentesi, quell’anno Jeff ci fece finire tutti i Bone che avevamo portato allo stand. Ovvero oltre 650 copie.
Quello che non fu mai oggetto di dubbio tra noi era invece il fatto che la gente avrebbe comprato volentieri un libro a fumetti di due chili e mezzo che costava trentacinque euro. I nostri promotori librari ci dissero che era un suicidio, ma si sbagliavano. Dopo otto anni Bone è ancora in catalogo, è stato ristampato tantissime volte, è amato e rispettato anche da persone che prima della nostra edizione non sapevano che esistesse. Ci ha aperto molte porte, perché è stato il primo libro di difficile produzione che abbiamo affrontato, e ci è valso il rispetto di persone che mai prima di Bone si sarebbero sognate di degnarci della benché minima attenzione.
Da allora, per sicurezza, con Jeff pranziamo insieme una volta all’anno, sempre nello stesso posto (Roy’s), e lui è diventato una presenza importantissima nel nostro catalogo. E ci ha aiutato a trovare la direzione che ci serviva, facendoci capire che c’era bisogno di un meticoloso recupero di certe opere, da attuare parallelamente alla scoperta di titoli più recenti. A quel punto ci mancava solo una convincente produzione di titoli italiani, ma questa è la storia del mese prossimo, quando vi parlerò del 2012.