Esterofilia portami via (ovvero: gli americani hanno i nostri stessi problemi, ma loro hanno voglia di risolverli)
- 4 Agosto 2014
- 5 Commenti
Un paio di settimane fa ho girato qualche libreria di Los Angeles e ho riflettuto sulle differenze tra il mercato librario americano e quello italiano, ovviamente con particolare preoccupazione per quello relativo al Fumetto. Condivido con voi alcuni pensieri, che vorrei poi usare come spunto per altri post, più specifici, nelle settimane estive.
Negli Stati Uniti, qualche anno fa, ha chiuso una delle più grandi catene di librerie, Borders, lasciando il colosso Barnes & Noble egemone nel settore. Le librerie indipendenti sono più o meno sparite, con l’eccezione di quelle legate a specifiche nicchie tematiche del mercato (esoterismo, viaggi, tematiche LGBT). Il pubblico, come da noi, non è terribilmente colto e l’attenzione dei clienti/lettori è da magnetizzare in ogni modo possibile. Più ancora degli incontri con gli autori per i classici firma copie, ormai si cerca di introdurre i visitatori delle librerie alle tematiche culturali, con iniziative specifiche, di concerto con gli editori.
Un vantaggio che gli americani hanno su di noi è che i personaggi più famosi dei loro fumetti fanno più parte del substrato culturale nazionale di quanto non si possa dire dei nostri. Insomma, è più normale parlare di Spider-Man in una cucina di Tucson che non di Tex in un salotto di Voghera, nonostante il paradosso: ogni mese Tex vende in Italia più copie di qualunque singola testata di Spider-Man negli USA.
I settori dedicati ai fumetti nelle librerie che ho visto sono per lo più mirati ad adolescenti e adulti, con i titoli suddivisi per aree tematiche o universi narrativi e una relativa facilità di consultazione, anche se a un neofita incuriosito dai fumetti quella massa di dorsi colorati non contestualizzati può risultare sicuramente ostica da navigare.
In fumetteria le cose vanno meglio, anche se il settore ha subito forti riduzioni di giro d’affari, negli ultimi dodici mesi (si parla di una contrazione attorno al sei percento). I titolari dei punti vendita sanno di dover fidelizzare i clienti che hanno, e che le “caselle” per ricevere i titoli con un eventuale sconto non sono un’attrattiva sufficiente, quindi cercano di organizzare il maggior numero possibile di eventi, di cui informano i visitatori fin dalla vetrina con appositi calendari, per invogliare a tornare al negozio.
Non sottovalutano poi i curiosi poco esperti, che magari hanno bisogno di farsi consigliare qualcosa di nuovo da provare, magari ispirati dai titoli che il negozio ha venduto meglio nell’ultimo periodo.
La sensazione generale è che, negli Stati Uniti come da noi, si senta un rinnovato interesse per il Fumetto, ma che gli operatori commerciali non abbiano registrato un aumento di richieste da parte della clientela tale da indurli a investire in maggiori ordini, spazi più visibili, iniziative in grado di consolidare l’affermazione del genere nelle abitudini di acquisto dei lettori.
È necessario che la collaborazione tra editori, distributori e commercianti si faccia più stretta, più efficace e più visibile, perché il nostro momento sotto i riflettori è ora, e non possiamo limitarci a essere visibili quando c’è un grande evento legato al fumetto, anche perché a livello mediatico, Lucca non è il Comic-Con International. Altro paradosso, visto che a Lucca ultimamente ci va più gente che a San Diego.
End of a Comic-Con from BAO Publishing on Vimeo.
E quando le luci della fiera si spengono, noi dobbiamo continuare a splendere.
Nei prossimi giorni ragioniamo sul come.
5 commenti su “Esterofilia portami via (ovvero: gli americani hanno i nostri stessi problemi, ma loro hanno voglia di risolverli)”
In bocca al lupo, il lavoro che fate vi ripagherà (se non in soldi almeno in dignità, e in Italia è tanto… poi si vedrà, ma il pubblico intelligente esiste, in tutto il mondo: siate positivi!).
Qualche commento, da cliente BAO e appassionato di fumetti.
I numeri di Lucca e del Comic-Con sono sempre meno legati ai fumetti, basta vedere l’ottimo documentario Comic-Con Episode IV ( http://www.imdb.com/title/tt1605782/ ) , già di qualche anno fa.
Se Lucca scorporasse i Comics dai Games e dal Cosplay, secondo me i numeri rifletterebbero la contrazione del mercato, ma è una mia ipotesi. Similmente, a San Diego, trenta ore di file si fanno per la Hall H, non per gli stand dei fumetti.
Giro sempre per librerie americane quando vado in USA e certamente i settori dedicati ai fumetti sono più estesi e curati che da noi, dove solo di recente si sta superando l’equazione fumetti=letteratura di serie B. La differenza che salta all’occhio è che da noi tutto ciò che non sia narrativa tradizionale o trend del momento (tipo i libri di cucina da noi) non venga trattato con pari dignità e attenzione nelle grandi catene (diciamo quelle paragonabili a Barnes & Nobles) e relegato nel fondo della libreria, mentre da loro c’è maggior equilibrio e si riesce a muoversi meglio tra le varie sezioni, persino ad essere attratti da settori diversi dai propri gusti. Tanto per riprendere la foto che avete messo, i LEGO da Barnes & Nobles hanno un loro settore specifico, mentre da Feltrinelli sono solitamente ammucchiati in un angolo tra un settore e l’altro, con poca scelta e poca cura, chiaramente per sfruttare un trend ma senza l’obiettivo di puntarci. Più o meno come i fumetti fino a un paio di anni fa.
Come se il comportamento fosse sempre “reattivo” e mai “proattivo” nei confronti della proposta commerciale.
Facessero LuccaComics in un periodo meno stronzo e statisticamente meno soggetto a diluvi catastrofici dovrebbero raddoppiare i padiglioni…
Guarda che piove un anno su tre e il periodo non è scelto a caso: con un ponte festivo quasi ogni anno, è il weekend più lungo dell’autunno.
un post alquanto interessante. Mhhh… classifiche di vendite, per dare un consiglio velato agli acquisti… giornate tematiche per portare le persone… Tutto molto bello. Le fumetterie dovrebbero a tutti gli effetti diventare una “specie di canale televisivo” con una programmazione da proporre ai propri clienti, con special, focus, approfondimenti, incontri… basterebbe un baratto compiacente se non si hanno gli spazi… ripeto… tutto molto molto interessante! Ma siamo davvero sicuri che “alle fumetterie interessi” organizzarsi in questo modo?