[Guest column] La mia prima volta
- 5 Febbraio 2015
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– Ah, e poi… c’è una cosa che non ti ho detto.
– Cosa?
– Ad Angoulême non ci sono cosplayer.
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Comincia così il mio viaggio alla scoperta del quarantaduesimo Festival internazionale del fumetto di Angoulême, con una dichiarazione che sembra quasi una minaccia.
Lì è tutto serio, solenne, impegnativo.
È il Festival Internazionale del fumetto.
È la Francia, baby.
Ma è anche la mia prima Angoulême. Sono pronto al freddo glaciale, alla pioggia, ai giorni fitti di appuntamenti con case editrici straniere. Sono pronto a vedere con i miei occhi quella che, per anni, mi è stata descritta come LA fiera europea per eccellenza.
Eppure la notizia dell’assenza dei cosplayer in qualche modo mi turba.
Comincio a chiedermi perché. Comincio a chiedermi in cosa consista davvero la differenza tra questa fiera e quella nostrana, nella speranza di trovare una risposta alla fine del mio viaggio.
La tanto osannata Francia della Bande dessinée le cui librerie traboccano di volumi della nona arte sarebbe stata lì, a portata di mano.
In missione per conto di BAO Publishing, ho vestito i panni dell’assistente durante gli incontri con gli agenti delle case editrici di tutto il mondo. C’era la Francia, ovviamente, e c’erano anche Inghilterra, Spagna, Olanda, Canada, Stati Uniti. Uno scenario internazionale in cui BAO è ormai parte attiva, sia nell’acquisto che nella vendita di titoli.
Quello che mi è apparso chiaro, per la prima volta di persona, è che cinque anni di questa avventura hanno significato la costruzione di rapporti che vanno ben oltre l’aspetto professionale. Seduti ai tavoli degli appuntamenti, o durante le brevissime pause che riuscivamo a concederci al bar, il nome della nostra casa editrice veniva pronunciato tra sorrisi e attestati di stima.
Noi, dal canto nostro, abbiamo raccontato la nostra realtà italiana, mettendo in evidenza la crescita del lettorato e i risultati ottenuti, non solo da noi. Non erano più solo parole dette allo scopo di iniettare fiducia, erano dati ufficiali di mercato. E gli sguardi attenti dei nostri interlocutori ci rassicuravano: loro, in qualche modo, lo sapevano già.
Una sensazione strana e galvanizzante allo stesso tempo. Che ha ribadito quanto la strada intrapresa sia quella giusta. E quanto ancora si possa – e si debba – fare per continuare così.
Ma la verità è che, sempre in missione per conto di BAO, ho potuto osservare, studiare, cercare di capire meglio quello che significa questo Festival.
Angoulême è un paesino che – forse per i monumenti in stile romanico, forse per le mura di cinta, forse per i padiglioni che riempiono il centro storico – ricorda in qualche modo la città di Lucca durante il Lucca Comics & Games.
Già, eppure…
Eppure è la Francia, baby.
Entrando nel padiglione riscaldato dei grandi editori (sì, ho detto riscaldato), la sensazione che si ha è più quella di passeggiare per i corridoi della fiera del libro di Bologna, la Bologna Children’s Book Fair, in cui gli stand sono strutturati come librerie in miniatura con pareti e scaffali a tema, microcosmi autonomi e separati dal resto.
Diverso è invece il padiglione “Le nouveau Monde”, in cui case editrici “minori” si susseguono ai due lati in una lunga carrellata che mostra quello che di più indipendente e innovativo viene proposto dagli editori francesi e non.
In entrambi i casi appare chiaro come la concezione degli spazi sia a misura d’uomo. O, per essere più precisi, a misura di lettore.
Le diverse mostre (quest’anno, doverosa quella in memoria di Charlie Hebdo, oltre alle mostre su Watterson, Kirby, Taniguchi, il mondo dei Moomin, solo per citare le principali) sono anch’esse specchio di questa realtà. Le lunghissime code per visitarle, l’attenzione del pubblico, la possibilità di rendere interattivi gli spazi ne sono sintomi significativi.
Già, eppure…
Eppure Lucca.
Ho tratto una mia, personale conclusione. A ben guardare, Lucca Comics & Games non è poi così distante dal Festival internazionale di Angoulême. Non avrà i padiglioni riscaldati, non avrà la stessa quantità di mostre, avrà invece i cosplayer. Ma è davvero tutto qui?
È davvero colpa dei lettori italiani, oppure il quesito andrebbe ribaltato e posto agli addetti al settore? Non dovrebbero essere forse loro a spingere per diventare il cambiamento che vorrebbero vedere?
Ho avuto l’impressione, girando per il Festival di Angoulême, che basterebbe davvero poco. Che quel divario tra la Francia e l’Italia non è poi così incolmabile.
Lucca – e le diverse fiere italiane insieme a lei – hanno tutte le potenzialità per elevare la posizione del fumetto e renderlo parte integrante del tessuto sociale nazionale.
Qualcosa sta cambiando, è vero, e che sia o meno merito anche della nostra Casa editrice, l’importante è che stia succedendo. Merito dei lettori, sicuramente, sempre più attenti se stimolati nel modo giusto, e merito di un mercato che, seppur lentamente, sta facendo passi in avanti.
Già, eppure.
Eppure i cosplayer.
Devo dirvi una cosa: la differenza nella concezione del fumetto non c’entra niente.
Quando inventeremo un personaggio il cui costume consiste di maglietta termica e calzettoni di spugna, inizieranno a girare cosplayer anche ad Angoulême.
E, quel giorno, saremo noi a insegnarglielo.
È l’Italia, baby.
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Francesco Savino,
Editor BAO e traduttore,
è il co-creatore del webcomic Vivi e vegeta.