Non si scappa dalle cose feroci – Keynote 2018
- 5 Novembre 2018
- 3 Commenti
Sono nove anni che teniamo questi incontri a Lucca, e questa è la prima volta che mi scrivo il discorso. Mi scuso in anticipo se a un certo punto avrò il tono cantilenante de “Il punto di Paolo Pagliaro”, è che sono davvero abituato a parlare a braccio.
Lord Melvyn Bragg è un signore inglese di 79 anni. Da venti conduce un programma radiofonico su BBC Radio 4, all’orario considerato il più sfigato del palinsesto: le nove del mattino del giovedì. “In Our Time” è un programma fatto di conversazioni con accademici. I temi vanno dalla letteratura, alla scienza, alla matematica.
Ogni settimana ha due milioni di ascoltatori per la diretta e mezzo milione circa per le repliche e i podcast.
Perché?
Perché le persone sono curiose. Perché hanno bisogno di conoscere cose nuove, e lo sanno, e non esiste arma di distrazione di massa, che sia tecnologica, politica o di intrattenimento, capace di annullare il desiderio di conoscenza, di vicinanza, di accumulare nuovi e più efficaci strumenti per comprendere il mondo e gli altri che cova in tutti noi.
Se mi sbaglio, spiegatemi Alberto Angela.
Noi siamo molto fortunati. Facciamo un lavoro che amiamo, e abbiamo decine di migliaia di lettori che ci fanno sentire la loro voce, che ci aiutano a capire in che direzione muoverci. Il sogno che Caterina e io abbiamo cercato di realizzare nove anni fa, e che ci porta oggi a passare la giornata con Leonardo, Lorenzo, Daniela, Simone, Francesco, Andrea, Sara, Vanessa, Teresa, Chiara, Debora e Guglielmo – e a fare con loro alcuni tra i fumetti più belli che si siano mai visti in Italia, scusate se me lo dico da solo – è diventato una realtà innegabile, solida e ramificata. Sarebbe molto facile per noi continuare a cercare di espandere solo il nostro lettorato, perseguendo un successo fatto di tirature più alte, migliore diffusione dei nostri titoli, più consenso presso l’intellighenzia e i critici. Non dico che sarebbe facile ottenere tutto questo, solo che potremmo concentrarci solo su questo.
Di solito in questo tipo di discorsi si parla di mercato, per rassicurare e blandire gli operatori. Per dire loro che tutto va bene e che andrà sempre meglio. Ma io non ho voglia di parlare di mercato. Preferisco parlarvi della società in cui viviamo.
Plus ça change, plus c’est la meme chose, dice il proverbio francese. Tutto cambia, ma niente cambia, insomma. Questa disillusione, che nasce dalla saggezza popolare e dà voce all’insoddisfazione della gente, a volte ci impedisce di vedere che le cose cambiano, anche se molto lentamente. È bastato un anno di #metoo per portare alla luce qualcosa che tutti sapevano, ma che nessuno affrontava, che la società fingeva di non vedere. E le battaglie delle comunità LGBTQ+ ci insegnano che ci vuole almeno un decennio di forte consapevolezza sociale, unita a una pacifica, convinta militanza umana e politica, perché qualcosa cambi in un ambito specifico.
In un’epoca di benessere tutto sommato così diffuso nei paesi ricchi da far dire – lo dicono i sondaggi – a due terzi degli under 30 che non ritengono indispensabile vivere in uno stato democratico, c’è un bisogno urgente, enorme, fortissimo, di nutrire le menti con idee forti, liberali, convincenti. Idee serene che diventino strumenti per affrontare i demoni interiori, i propri pregiudizi, il dibattito sociale.
Noi siamo come computer con un sistema operativo preinstallato, e un po’ di software in omaggio. Quando cominciamo a dedicarci a funzioni specifiche, parte del software con cui siamo nati andrebbe disinstallato. E nuove cartelle di informazioni, nuovi programmi, dovrebbero trovare spazio nel nostro disco rigido, perché possiamo mandare il frutto dei ragionamenti del nostro processore nel grande cloud che chiamiamo società.
Un computer pieno di software inutile serve a poco. Un computer che non contiene informazioni e non ne va a cercare in rete è sprecato. Qualunque ragionamento facciano le persone è degno e importante, se temperato dal dibattito con gli altri. Quando si smette di ragionare, si diventa pericolosi, per se stessi e per il prossimo.
Ecco perché noi l’anno prossimo vogliamo farvi pensare. Ci saranno libri sull’amicizia e sulla disabilità, libri su pagine oscure della storia e libri sull’utilità della filosofia. Libri per dare ai più piccoli gli strumenti per risolvere problemi e libri sul disagio interiore, a volte anche quello psichico. Tutto questo lo faremo attraverso i romanzi grafici dei nostri autori italiani, attraverso i titoli che importiamo da Francia, Stati Uniti, Cina, Giappone e Corea. Lo faremo costringendovi a sorridere, a commuovervi, a riflettere, a sollevare la carrozzeria delle metafore narrative e a trovare un po’ del vostro stesso telaio interiore e umano, sotto.
Siamo profondamente fieri e grati del rapporto che ogni giorno intratteniamo con i nostri lettori. Voi ci fate capire che non siamo soli nell’amare queste storie, ci motivate ad andare avanti. Abbiamo sempre cercato di meritare la vostra fiducia e lo sappiamo, che dopo nove anni il nostro logo su una copertina è spesso un motivo almeno per sfogliare il libro che riveste. Ora però vogliamo ricambiare più pienamente la fiducia che ci date ogni giorno. D’ora in avanti ogni libro che faremo servirà a ricordarvi che non siete soli. Se ci sarà da lottare, ci troverete in prima fila. Se bisognerà dimostrarsi solidali, daremo l’esempio per primi. Se un tema difficile diventerà importante, gli daremo voce tramite le storie dei nostri libri. Vogliamo accendere una luce su tutte le zone d’ombra che infestano le esistenze di tutti noi, facendoci paura. Perché vendere mezzo milione di copie dei nostri libri all’anno è una figata, ma tendere la mano a uno sconosciuto e sentire che la stringe lo è molto di più. Perché l’unico modo per zittire l’ignoranza, l’odio e l’intolleranza è dare gli strumenti alle persone per non averne bisogno, come di un computer ormai obsoleto, perché non sa stare al passo con i tempi.
I tempi stanno cambiando, anche se molto lentamente. Li volete cambiare con noi?
Ci vediamo in libreria.
3 commenti su “Non si scappa dalle cose feroci – Keynote 2018”
Grazie, davvero.
Buongiorno posso chiedervi un consiglio?
Mio figlio dopo il liceo Artistico e l’Accademia di Brera a Milano, sta studiando Concept Art.
Vorrebbe trovare uno stage nel settore.
Come fare?
Grazie mille per la risposta!
Gisella
Bisogna scrivere a un bel po’ di editori, specificando il periodo ideale per il potenziale stagista. Per la maggior parte gli editori sono ben contenti di valutare così nuovi collaboratori!