Pensare il libro, dal soggetto all’oggetto
- 17 Settembre 2014
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Dico sempre che quando mi informano che abbiamo ottenuto i diritti di un libro cui ambivamo sono felice come se avessi guadagnato qualcosa di prezioso. La verità è che di solito ho guadagnato per lo più il dovere di farne un bel libro. E non è una cosa scontata.
Nel Fumetto ancor più che nella narrativa in prosa è sempre più evidente che l’oggetto che si tiene in mano è importante almeno quanto le parole e le immagini che contiene. Voglio farvi un esempio pratico.
Quando a inizio primavera Vanna Vinci è entrata per la prima volta nella nostra redazione, abbiamo cominciato quasi subito a parlare di un libro che non sarà pronto fino alla primavera del 2016. Qualche giorno dopo, però, Vanna ci ha fatto vedere che l’estate prima aveva realizzato un adattamento letterario per Il Piccolo di Trieste, quotidiano al quale lavora Alessandro Mezzena Lona, responsabile delle pagine culturali molto sensibile al buon Fumetto. Le tavole de Il richiamo di Alma, ispirate all’omonimo romanzo di Stelio Mattioni del 1980, erano così belle che ci è venuta subito voglia di farne un libro. Ma come? Erano meno di trenta, enormi, complesse.
Al sottoscritto, nella vita, è capitato per esercizio di dover spezzare con linee immaginarie le tavole domenicali di Winsor McCay. Mi è sembrato subito chiaro che le pagine di Vanna potevano essere tagliate a metà per farne un libro di formato orizzontale. (Tecnicamente lo si chiama “landscape”, ma la cosa interessante è che all’estero quel formato è detto “all’italiana”.)
C’erano problematiche di ogni tipo: alcune vignette scavalcavano la linea mediana virtuale che avevo deciso di visualizzare sulle grandi pagine pensate per il giornale. Non volevamo effettuare un rimontaggio, perché si sarebbe perso il ritmo narrativo pensato da Vanna per la storia. Per fortuna lei si è subito detta disponibile a disegnare nuove vignette per ovviare ai necessari tagli.
Ci ha anche dato titoli e scritte per rendere il più possibile omogenea al suo stile grafico la veste del libro. Il che ci ha portati a un problema di natura pratica e commerciale: dopo il periodo del lancio, in cui il libro viene esposto di faccia negli spazi che le librerie destinano alle novità, un volume orizzontale diventa poco pratico da infilare a scaffale, perché sporge, e spesso viene impietosamente reso all’editore, per questo motivo.
Per “verticalizzare” il profilo del libro abbiamo deciso di infilarlo in un “astuccio morbido” il cui profilo simulasse il dorso di un normale volume BAO, con tanto di zoccolo con la testa di Cliff in basso (uno degli elementi che più rendono facili da localizzare i nostri libri sugli scaffali dei negozi).
Quindi, quando abbiamo chiesto a Vanna di pensare insieme a noi alla copertina, avevamo l’esigenza di dare all’astuccio un aspetto che non tradisse il libro che ci sarebbe stato dentro, pur essendo impossibile usare un solo disegno che funzionasse sia in orizzontale che in verticale.
L’impianto generale dell’impaginazione è stato curato dal grafico Cosimo Torsoli, che ha impostato anche la copertina e l’astuccio.
Poi quella vecchia volpe del suo capo, il Senior Designer Lorenzo Bolzoni, ha messo il monocolo da orefice e ha ricostruito segni di matita per i bordi di vignetta modificati, alterando valori cromatici vignetta per vignetta perché le nuove immagini realizzate per questa versione avessero la stessa intensità di colore delle vecchie scansioni realizzate l’anno prima per Il Piccolo.
Intanto, alla Castelli Bolis, veniva realizzato uno “specimen” del volume rilegato (si dice “specimen” quando è bianco, mentre una versione rilegata a mano del libro stampato in digitale per simulare l’effetto finale del volume si chiama “dummy”) per decidere le dimensioni esatte della fustella dell’astuccio. Il tracciato vettoriale della fustella (ovvero delle linee lungo le quali il cartoncino viene tagliato per confezionare l’astuccio) ci è stato mandato perché lo vestissimo con la grafica, e poi il libro è stato stampato.
Lo vediamo oggi per la prima volta, ma l’abbiamo visualizzato fin dal momento in cui abbiamo deciso di realizzarlo in questo modo. Il 10 ottobre sarà in libreria. Ci sono voluti sette mesi per trasformare una trentina di pagine di giornale in un libro rilegato, e credo che facendolo così ne abbiamo allungato la vita di parecchi anni.
Ecco, quando il libro arriva dalla tipografia io smetto di sorridere il sorriso che è cominciato quando ci hanno detto che quel libro lo potevamo fare.
Un commento su “Pensare il libro, dal soggetto all’oggetto”
Bellissima la storia di questo libro, mi ha molto colpito, sia per la bravura dell’autrice che per il lavoro fatto da tutti voi per poterlo realizzare. Il 10 ottobre saprò cosa regalarmi, anche se non è il mio compleanno. Grazie