In viaggio con BAO: Gennaio – Angoulême
- 28 Gennaio 2019
- 0 Commenti
La settimana scorsa c’è stato il Festival International de la Bande Dessinée ad Angoulême, in Francia. Io ci vado da quattordici edizioni, senza averne saltata una. Vi sento già che dite: “Fortunello!” Questione di punti di vista.
Angoulême è una piccola cittadina della Charente, un distretto francese non lontano dall’Oceano Atlantico. Il posto ideale, per una fiera di fumetto a fine gennaio. La strada che porta alla città dalle località limitrofe è una statale a due corsie, non c’è l’autostrada. Se volate sull’aeroporto più vicino, Bordeaux, i voli sono a giorni alterni, dalle e verso le principali città italiane. In compenso poi vi servirà un’auto per spostarvi. La ricettività alberghiera è quasi inesistente e chiunque abbia una stanza in più del necessario la affitta, nei giorni del festival. Potreste finire a dormire in un cubo di cemento, ex garage, in mezzo a un prato, in cui una grande tenda divide l’area notte dal gabinetto (true story, 2012). In compenso quando arrivate i migliori ristoranti hanno chiuso da anni, piove quasi sempre e se siete fortunati nevica.
Eppure, nonostante sia un posto che richiede una certa organizzazione per essere raggiunto, Angoulême ospita il secondo evento dedicato al Fumetto più importante e visitato d’Europa, dopo Lucca Comics & Games. Molte sono le differenze con la fiera più famosa d’Italia: nel padiglione principale, Le monde des bulles (per gli addetti ai lavori semplicemente “La bulle”), in Place du Champ de Mars, gli stand dei grandi editori sono molto curati, architettonicamente splendidi, e le aree per le dediche sono così prese d’assedio da essere allestite in punti separati da quelli dedicati alla vendita.
Le vendite non sono frenetiche come a Lucca, al punto che molti grandi editori non recuperano del tutto le spese necessarie a partecipare al Festival, che considerano più un momento di promozione che di commercio. I padiglioni sono riscaldati, e con la moquette a terra (una scelta audace, visto l’alto rischio di precipitazioni), e il pubblico è mediamente meno giovane che in Italia.
L’altro padiglione molto interessante è il cosiddetto Nouveau monde, così detto tra l’altro perché si trova in Place New York, un lungo padiglione che si snoda lungo uno spazio molto ampio e che ospita tutti gli editori “medi” e “medio-piccoli”, che hanno stand spesso molto angusti, ma presi d’assalto dai loro fan.
L’offerta culturale è sempre vastissima, ci sono decine di mostre, di eventi e di eventi “off”, al punto che un visitatore professionale, come siamo noi, a stento riesce a fruire anche solo di una piccola parte di ciò che è disponibile ogni anno. Il presidente di giuria eletto l’anno prima ha la responsabilità di disegnare la locandina (quest’anno è toccato all’americano Richard Corben) e gli viene consacrata la mostra principale (l’anno prossimo toccherà a Rumiko Takahashi e noi siamo felicissimi, da lettori).
Un padiglione separato, solitamente piuttosto piccolo, ma quest’anno decisamente più spazioso, è riservato al Marché des droits, dove editori di tutto il mondo, compresi alcuni di quelli che hanno lo stand per il pubblico al Monde des bulles o al Nouveau monde, comprano piccoli stand per fare gli appuntamenti in cui vendono i diritti stranieri delle loro opere. Ed è qui che noi passiamo la maggior parte delle nostre giornate di fiera.
In fondo al padiglione c’è un’area caffetteria, molto frequentata da chi deve fare incontri, ma non ha uno stand. Nessuno si è mai espresso sulla qualità del cibo offerto in questa zona, perché essenzialmente le si vuole bene perché è al caldo e ci sono le sedie.
La sera, di solito, gli autori e gli addetti ai lavori si radunano attorno a un pub, Le Chat Noir, che esercita un’attrazione invincibile e inspiegabile ed è l’equivalente di Piazza Anfiteatro a Lucca. L’esistenza di una night life ad Angoulême crea una divisione netta tra quelli che restano nei locali fino alla chiusura e quelli che vanno a letto subito dopo cena (come noi). I membri del primo gruppo, insospettabili nel corso del pomeriggio, sono facilmente identificabili al mattino in quanto portatori di quella che i francesi chiamano la gueule de bois, ovvero la “faccia di legno”, che evidenzia i postumi della sbornia.
Il lavoro di acquisizione e vendita dei diritti stranieri è qualcosa che in un mondo ideale si potrebbe fare per email, a distanza, ma richiede un certo tocco umano, ed è per questo che ci sono svariati momenti all’anno in cui incontriamo la maggior parte degli editori di fumetti che conosciamo.
Angoulême è il primo dell’anno solare, e noi passiamo sempre due o tre giorni a fare appuntamenti di mezz’ora, spesso senza pause in mezzo, per aggiornarci su ciò che è uscito, sull’andamento del mercato del Fumetto nei rispettivi paesi, e per ispirarci per le possibili acquisizioni future (in questo caso per la seconda metà del 2020 e per il 2021).
Seppure facciamo vita ritirata, e la mondanità del Festival non ci seduca mai, succedono comunque sempre cose divertenti, come andare a cena con il fondatore di Fantagraphics, autentico scienziato del dessert, o entrare alla mostra dedicata a Taiyō Matsumoto domenica mattina accanto allo stesso Matsumoto, che nessuno degli addetti della mostra ha riconosciuto.
Oppure di essere a pochi minuti dalla restituzione dell’auto a noleggio e di dover correre a prendere Zerocalcare al suo hotel a otto chilometri dalla stazione, attraversando sterrati e strade in rinnovamento, a tutta velocità, perché non ci sono taxi disponibili e lui sta per perdere il treno (dando così un senso al “sì” che ho pronunciato quando due giorni prima mi hanno detto “Vuole una Jeep Renegade al posto della Ford Fiesta che aveva prenotato, per lo stesso prezzo?”). Insomma, Angoulême è un’esperienza scomoda, ma dalla personalità unica, un appuntamento imprescindibile e un bel barometro dello stato di salute dell’editoria a fumetti europea, e passiamo quei giorni pensandovi davvero intensamente, perché il nostro compito principale è tradurre gli stimoli che vengono dall’industria del Fumetto mondiale in qualcosa che voi vorrete leggere. Ed è il mestiere più bello del mondo.