Proposte indecenti
- 3 Gennaio 2017
- 16 Commenti
Se davvero devo scrivere cinquanta post di questo blog, nell’anno che è appena iniziato, è davvero il caso che cominciamo dalle basi.
Nel 2016 BAO ha ricevuto circa duemilacinquecento progetti con richiesta di pubblicazione, spediti alla casella della redazione da aspiranti autori. Quando abbiamo aperto l’Open Call per i titoli della rinnovata linea per giovani lettori BaBAO, sono arrivati altri quattrocento progetti.
C’è uno spazio selvaggio e indefinito, tra dove vi trovate voi che volete Cliff sulla copertina del vostro primo (o prossimo) libro e la mia scrivania. Coprire quella distanza è compito vostro, accogliervi all’arrivo è il nostro. Noi ci auguriamo che anche quest’anno ci scriviate in molti, e faremo del nostro meglio per reagire prontamente (anche se il nostro lavoro primario è fare i libri che sono già calendarizzati, quindi armatevi comunque di molta pazienza, potremmo metterci qualche mese a rispondervi). Già che ci siamo, però, vi lascio qualche considerazione potenzialmente utile, più per farvi capire cosa dovreste cercare voi che non cosa cerchiamo noi.
- Se la lettera che accompagna il vostro progetto vi fa sembrare maleducati o matti, non vi risponderemo. Il modo in cui vi ponete nei confronti di quello che vorreste diventasse il vostro editore dice molto del vostro modo di lavorare. Se possiamo evitarci il fastidio di lavorare con persone sgradevoli o completamente pazze, lo facciamo. Questo è il SOLO caso in cui proprio non rispondiamo a una mail.
- Ci sono delle regole generali per inviare un progetto. Non è che vi ignoriamo per dispetto se voi ignorate loro, ma se le seguite la nostra vita sarà leggermente meno complicata e vi vorremo immediatamente più bene.
- Dovreste scrivere le storie che avete veramente voglia di raccontare. Però se la vostra pulsione narrativa più forte è raccontare una nuova interpretazione di qualcosa che è stato fatto alla nausea negli ultimi decenni, fatevi un favore: lasciate perdere.
- Se avete in mente una storia post apocalittica in cui una ragazza bionda con i capelli scalati in modo bizzarro scopre suo malgrado di essere la prescelta per sarcazzo: ma anche no, grazie.
- Se avete in mente una storia intimista, un romanzo di formazione la cui caratteristica è di essere ambientato in provincia: vedete punto 4.
- Se state cercando di creare una storia che pensate piacerebbe ai lettori di qualcosa che è attualmente in corso di pubblicazione, pensateci bene: potrebbe avere senso, ci sono storie che si ascrivono a generi o a stili narrativi che non passeranno mai di moda, ma se iniziamo a lavorare ora a un libro insieme, uscirà tra almeno due anni. Pensate che la vostra idea sarà ancora attuale? Se la risposta che vi date è sì, perfetto, vi aspettiamo.
Ecco, questa cosa è molto importante. A volte ho la sensazione che anche le scuole di fumetto tendano a ignorarla, ed è comprensibile: il Fumetto è meritocratico, il diploma di una scuola non dà diritto a nessun canale preferenziale per accedere a questa industria, quindi la tendenza generale è a preparare per l’inserimento professionale negli ambiti dove c’è più bisogno di manodopera: i comics americani, la Sergio Bonelli Editore. Quindi spesso chi non si conforma a un certo modo di narrare (tanto nella scrittura quanto nel disegno) fatica a completare il corso di studi con successo, ma non è detto per questo che non valga: magari ha semplicemente un approccio diverso dal modo di narrare attualmente in voga. Sarebbe bello che le scuole di fumetto sfornassero più autori e meno automi, cosa che riesce a quegli insegnanti che riescono a pensare fuori dagli schemi e fuori dai generi. Anche perché mica tutti i generi sono perennemente praticabili, dal punto di vista commerciale, eh. Il che ci porta a
- Spedite progetti pensati per l’editore al quale vi rivolgete. Mandare una proposta di pubblicazione a una Casa editrice non è come spedire un curriculum a più aziende. Non basta personalizzare l’intestazione. Un progetto “per tre cartonati alla francese” mandatelo in Francia, non a BAO. Non sappiamo cosa farcene di volumi da 48 pagine, semplicemente perché il mercato chiede volumi più corposi, e possibilmente autoconclusivi. (Ci sono eccezioni, ovviamente, ma se devo scegliere tra una serie di Brian K. Vaughan, e una di un Tony Siracusa*, per il mio prossimo piano editoriale, oddio, uhm, fatemi pensare, questa è difficile…)
- Sarete anche cresciuti con Linus, ma se il vostro progetto è a strip non ha alcun senso. Ripensatelo in un formato narrativo più fluido, perché tanto non verrà mai pubblicato una striscia alla volta.
- Le storie puramente comiche sono passate di moda. Ci sarà sempre spazio per sprazzi di geniale comicità, in editoria, ma fidatevi: è passé come un disco dei Milli Vanilli.
Ecco, la cosa dei generi è tricky da spiegare. Non ci sono assoluti. Per esempio, alcuni dei migliori autori italiani con cui BAO lavora stanno facendo storie di fantascienza. Francesco Guarnaccia ne sta realizzando una (fantascientifica nella premessa, ma umana e introspettiva nelle tematiche narrative), Nicolò Pellizzon è al lavoro su una tetralogia di fantascienza epica (sfatando in un colpo solo due delle cose che ho scritto prima: è tecnicamente una serie e appartiene a un genere che in BAO abbiamo praticato sempre poco). Matteo De Longis, per il suo primo lunghissimometraggio a fumetti, ha scelto una space opera (musicale). Il prossimo biennio sarà pieno di storie ispirate alla fantascienza, fidatevi. Non solo quelle che pubblicheremo noi. Quindi, in fin dei conti, mai dire mai. Però tenete presente una cosa che vi spalancherà molte porte (se il vostro lavoro vale):
- Questo è il momento delle storie all-ages. Quelle adatte a più fasce d’età, ma sicuramente non troppo adulte nelle tematiche. La vostra stella polare in questo frangente dovrà essere Bone, ma se volete qualcosa di più recente, pensate a quanto importante è stato, in tutto il mondo, Nimona di Noelle Stevenson: una storia pensata per le adolescenti, ma che parla proprio a tutti, perché tocca temi classici in modo innovativo e originale.
Ne abbiamo parlato, prima che io scrivessi questo post: si sta affermando una nuova generazione di autori, in questo momento. Per anni ha cercato una voce, una forma. L’Homo Barbuccicus è evoluto in Homo Pedrosicus e ora sta diventando… Steven Universe.
Non fate quella faccia, è vero. La generazione che sta prendendo d’assalto il mercato, stilisticamente e narrativamente, è quella influenzata da Adventure Time, da Steven Universe. Lo zeitgeist del Fumetto moderno ha le sopracciglia folte e grandi occhi tondi. E in Italia l’artista che al momento rappresenta, secondo noi, la summa artistica della sensibilità narrativa moderna, è Gio Pota.
Gio è il prossimo caposcuola, the next big thing, l’apice delle tendenze di segno, storytelling, mood emotivo cromatico.
Ecco, se dal paragrafo precedente avete evinto che fareste meglio a disegnare come lui, non avete capito il resto di questo post. Gio è venuto su a pane e cartoni animati, ed è diventato un artista della Madonna. Non si è preoccupato di cosa andava di moda, ha lavorato su di sé, sul proprio metodo di narrazione visuale, lasciandosi influenzare dalle cose che amava. E tra quattro mesi lo vedrete esplodere in un libro memorabile.**
Queste considerazioni non avremo il tempo di farvele quando vi risponderemo, dopo aver ricevuto i vostri progetti, ed è un peccato, perché il nostro mestiere non è rifiutare le proposte degli aspiranti autori, ma pubblicare libri belli, e questo succede anche se ci prendiamo la briga di spiegarvi cosa non va e come migliorare. È per questo che per tutto l’anno, a tutti gli incontri in libreria e fumetteria cui parteciperà direttamente un membro della redazione, un’ora prima di ogni evento o presentazione daremo appuntamento agli aspiranti autori per un question time a trecentosessanta gradi. Potrete chiederci quello che vorrete, ed eventualmente lasciarci i vostri progetti direttamente. Speriamo che sia un primo passo per un migliore dialogo tra noi. Vogliamo, con tutti noi stessi, che ci stupiate.***
* Tony Siracusa, per indicare “Pinco Pallino”, è una creazione di Marco Schiavone.
** Scritto da Luca Vanzella. Si intitola Un anno senza te. Ne riparleremo.
*** Ovviamente se avete domande fin da ora, commentate questo post, io vi risponderò sempre. Tranne se ricadete nel punto 1.
16 commenti su “Proposte indecenti”
Non sono un aspirante scrittore, ma ho una robusta carriera di lettore alle spalle. E anche di essere umano. Vorrei rispondere al tuo post, che ho letto con grande piacere, citando una frase di “Forrest Gump”, uno dei film secondo me al tempo stesso più innamorati della vita e cinici e disincantati sulla vita stessa: “Ecco, quando Michele mi spiega le cose, io le capisco”.
Aggiungo solo che Punto 1 dovrebbe essere Punto 1 di ogni relazione sociale. Se solo fosse…
Capisco di essere vecchio perchè ho DECISAMENTE “fatto quella faccia” … 😛
Oh beh, va bene così… guarderò con (distaccato) interesse quello che succederà 🙂
Dopo il punto 1 direi che potresti aprire una sezione della vostra pagina FB con “le più assurde proposte arrivate in Bao”… sarebbe divertente ed educativo per molte persone! 😀
Questo post giusto o sbagliato che sia, mi ha portato una riflessione sulla via che sto cercando di prendere come autore e sui progetti futuri. In questo senso ha raggiunto il suo scopo
Onestamente sono davvero contenta che ci sia un post così ben scritto a fare da guida. Da persona che ha frequentato una scuola di fumetto, posso concordare sul fatto che si tende molto ad indirizzare gli studenti verso i filoni artistici principali, più conosciuti, ma chiunque non si riveda in quegli schemi, viene abbandonato a se stesso. Ogni professore tende a guidare l’allievo verso il proprio mercato, che è quello che meglio conosce ma non sempre il più adatto e gli autori affermati (giustamente) non hanno il tempo di spiegare agli esordienti come sarebbe meglio porsi. Inoltre, se posso permettermi senza sembrare arrogante, proprio per questa serietà tutta evanescente delle scuole di fumetto, la maggior parte dei ragazzi che infine si diplomano si dividono in: esordienti super convinti che tutto il mondo abbraccerà il loro sogno senza possibilità di replica e ragazzi che più umilmente si chiedono: ed ora? Da chi vado? Cosa presento? Gli editori sono davvero mostri a tre teste? E prende vita un circolo infinito e costosissimo di fiere, book e attese senza mai un feedback valido.
Forse se ci fosse più organizzazione e più informazione prima, durante il periodo di studi, non trovereste poi così tante proposte, ma sicuramente più valide in proporzione.
Solo una curiosità: in media, quanto tempo si può aspettare senza risposta, prima di considerare il proprio progetto cestinato?
Non cestiniamo mai nulla. La risposta, anche negativa, può arrivare in poche settimane, se non siamo in un periodo concitato, o in qualche mese. Se però il progetto ci piace siamo più rapidi, di solito, sempre compatibilmente con gli impegni di redazione.
capisco, grazie mille per la risposta!
Martina, anche io ho avuto un percorso simile al tuo. Ovviamente non posso generalizzare riguardo a tutte le scuole, ma sicuramente la mia, mi ha lasciato con molti dubbi e poche linee guida su come presentarmi in futuro. Parlando un po’ con altri esordienti alle fiere, mi pare di capire che siamo in parecchi ad aver/aver avuto questo problema. In ogni caso, credo che la cosa migliore sia sempre presentare i propri progetti di persona, vale per tutti i lavori: i curriculum inviati per email hanno quasi sempre esito negativo… o non lo hanno affatto.
Ciao Luca,
sono perfettamente d’accordo. Mi sono sempre presentata di persona infatti, ho dovuto far ricorso alle email solo nelle situazioni in cui andare in fiera era proprio impossibile a causa del lavoro o dei costi proibitivi che questi viaggi comportano. In ogni caso, ti dico che un po’ di speranza nei confronti delle mail lavorative, la nutro: la casa editrice per cui sto lavorando come illustratrice (scusa l’esempio, so bene che illustrazione e fumetto sono due mondi molto differenti), mi ha assunta proprio tramite email =)
Approfitto di questo spazio per porvi una domanda in merito a una questione, inerente, credo, ma non approfondita sul post. Riguarda il caso delle figure di scrittore e illustratore separate. Mi sembra che in Italia ci sai molto più spazio per l’autore completo e che un aspirante autore deve comporsi il team da solo prima di affacciarsi a un editore. Un procedimento molto complesso che spesso porta via tanto tempo quanto la scrittura(raggiungendo non sempre i risultati sperati). Ora tralasciando i giudizi morali del tipo: Se non trovi qualcuno disposto a disegnare la tua storia vuol dire che non è abbastanza buona(perché spero siamo tutti d’accordo nel dire che le cose sono molto più complesse di così e che ci sono interessi che vanno ben oltre il semplice valore qualitativo della proposta). Premesso questo, volevo chiedervi qual’è la vostra politica in merito alla questione? Accettate semplici sceneggiature? Cosa ne pensate di questo modus operandi?
Grazie per l’attenzione, sono molto interessato a capire come un pezzo grosso dell’editoria a fumetti italiana la cosa e perché.
Ciao ( ●ᴥ●)ฅ
*valuta la cosa e perché, scusate ho tralasciato la rilettura
Luca,
parlo solo per BAO: noi preferiamo chi si presenta con tutte le componenti di un progetto (quindi o da autore completo, o come parte di un team già formato), ma moltissimi editori non hanno nessun problema a valutare una storia senza disegni. Semplicemente di solito ci vuole più tempo per farsi un’idea, ma non è certo una pregiudiziale. In realtà non lo è neanche per noi, solo che non siamo soliti accoppiare scrittori e disegnatori, perché dovremmo conoscerli, scoprire le loro affinità, ed è un procedimento spesso lungo e dai risultati non certi. Però non è un motivo per non valutare una proposta, ecco.
Grazie mille, gentilissimo, esaustivo e rapido come promesso. Grandissimi, continuate così!
Buongiorno Michele
io, stranamente, devo riportare la mia esperienza che è diversa: ho frequentato la Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia (insegnanti Gabos/Bacilieri/Camuncoli/Nizzoli e molti altri) ed è stata una esperienza incredibile. Molte volte “allungavano il brodo” dal punto di vista didattico (secondo me eh!) ma la cosa migliore e sulla quale si sono dilungati parecchio è come proporsi. Hanno parlato delle diverse case editrici, della rispondenza del singolo progetto alla casa editrice, di quante tavole inserire, della educazione, dell’essere comunicativi e sintetici e di mille altre cose che ritrovo spesso in quello che scrivi (che poi scrive anche Roberto Recchioni e molti altri professionisti del settore). Mi è servito moltissimo quando mi sono presentato agli editori (e dopo numerosi tentativi sono riuscito ad avere un contratto con un editore importante). Molti ragazzi che incontro non hanno idea di questo, per vivere bisogna aprire le orecchie, ascoltare, percepire e agire, magari fa molto anche non rinunciare se si è consapevoli (non volevo scrivere perle di saggezza oh! Mi sono scappate).
Grazie per i tuoi post illuminanti.
p.s. non riesco mai ad incontrarti in nessuna fiera o presentazione… ma non rinuncio.
Grazie Michele.
Tonio.
Ma infatti quando le cose funzionano va così, Tonio, e grazie di averlo precisato! Io sono un grande fan del metodo delle buone scuole, ci tengo solo a far capire a chi le frequenta o vorrebbe farlo che non basta iscriversi e frequentare per trovare la propria strada. Cioè, non è automatico.
A una prossima fiera! Scrivimi prima, così ti dico quando ci sono!
Grazie Michele
certo, ti scriverò (con Leonardo siamo ormai “amici di penna” e gli ho promesso anche un caffè!).
A presto quindi.
Buon lavoro.
Tonio.