8 commenti su “Tradurre le emozioni – A beginner’s guide

  • Articolo bellissimo ed esaustivo.
    Da letterista mi sarebbe piaciuto che la frase sulle forchette di Todd Klein fosse riferita al lettering, perché sarebbe stata perfetta anche in questo caso. E hai fatto bene a rimarcare che il lettering non va rimpicciolito per risolvere i problemi di traduzione (avete mai visto un libro in prosa con il corpo del carattere variabile senza alcuno specifico motivo?).
    D’accordo anche sull’opinione degli adattamenti dei film d’animazione giapponese: l’attenzione va posta al fruitore locale, non alla lingua d’origine, e trovare una sintesi tra i due modi è quello che fa la differenza qualitativa in una traduzione.
    Buon lavoro.

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  • Hai reso perfettamente il fascino ed il potere nascosto della traduzione, che trovo più evidente nel termine latino da cui origina. “Traducere” è letteralmente trasportare, far passare attraverso. Non solo al di là delle barriere più evidenti di costruzione della frase e di sintassi in genere, ma anche oltre i veli delle sottili differenze culturali, Di filigrana tanto più sottile quando i mondi culturali di partenza e di arrivo sono più affini (penso all’ambito angloamericano ed al nostro) e tenuto conto che nel contesto del Fumetto questi confini si fanno ancora più sfumati. E la traduzione non può e non deve essere calco, come dici tu, Ma trasposizione… traslazione, giusto per citare anche il termine inglese. Che comporta buona conoscenza appunto della lingua e degli stilemi espressivi del mondo di partenza e di quello di arrivo. L’esempio che hai citato sulle ripetizioni, che in inglese sono concesse o addirittura tratto distintivo ed in italiano, salvo precisa scelta stilistica o di veicolazione di uno stato d’animo (penso a “Gli increati” di Antonio Moresco) sono invece inequivocabile segno di sciatteria, non solo in traduzione ma anche in scrittura, è illuminante.
    Grazie, buon cibo per la mente come sempre.

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    • Mi permetto di dire anch’io la mia per quanto riguarda le ripetizioni. Abbiamo esempi (uno, almeno, e penso si tratti dello stesso elemento che il signor Foschini ha citato nel suo articolo) di persone che usano anche in italiano le ripetizioni così come si trovano nella lingua d’origine, per mantenere una presunta fedeltà con il testo originale; perfino ripetizioni di nomi, soggetti o complementi oggetti, laddove in italiano si userebbero dei pronomi. In questi casi non si parla più di sciatteria, ma di vero e proprio rifiuto delle principali regole della traduzione e dell’adattamento.

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  • Francesco Sinisi dice:

    Che bello il riferimento a Mafeking! Come mai hai deciso di usare proprio quell’avvenimento? Io ne sono particolarmente affezionato…
    E che voglia di provare a tradurre fumetti!

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